Uno dei patrimoni italiani di maggior pregio è costituito dalla tradizione enogastronomica. All'estero forse ancora più che in Italia, i nostri prodotti tipici sono sinonimo di prestigio ed eccellenza.
La difesa di questa enorme ricchezza, a livello legislativo e culturale, deve essere uno dei primi obiettivi di ogni governo e dei singoli produttori.
In un mondo in cui la globalizzazione su larga scala ha coinvolto ogni aspetto della nostra vita, anche l'alimentazione ha subito un processo di impoverimento culturale dovuto alla necessità delle grandi aziende di abbassare i costi e massificare le produzioni più redditizie e resistenti.
Questo, nel corso dell'ultimo secolo, ha portato all'abbandono di tantissime colture che erano il vanto delle nostre regioni ma delicate o di poca resa, a favore delle tanto discusse coltivazioni di massa, anche OGM, caratterizzate da ottime rese produttive ma colpevoli, secondo gli ultimi studi dell'aumento delle intolleranze e allergie.
E' così che dal dopoguerra in poi abbiamo visto scomparire dalle nostre tavole tanti frutti, tante varietà di grano, di mais, tanti piatti che sono rimasti soltanto un vago ricordo nella memoria dei bambini di ieri.
Per fortuna negli ultimi anni si assiste alla comparsa di una consapevolezza nuova, volta alla riscoperta e salvaguardia delle colture antiche, dei sapori di una volta e alla loro valorizzazione e promozione non solo nei confini nazionali. Riportare sulle tavole una varietà di frutta antica equivale ad un vero e proprio lavoro storico-archeologico a cui si appassionano ogni anno sempre più coltivatori e produttori: sfidare la tendenza alla globalizzazione a colpi di vanga significa riportare alla luce un patrimonio di competenze ed è oggi una delle avventure più emozionanti a cui partecipano, con la loro scelta, anche i consumatori.
I sapori antichi del nostro territorio, i prodotti tipici delle nostre regioni sono dunque un patrimonio inestimabile che fa sempre più grande l'Italia all'estero.
